ANNO 14 n° 119
Livingstone in Salotto
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13/07/2015 - 00:01

di Massimiliano Capo

VITERBO -''La pienezza dell’amore per il prossimo è semplicemente la capacità di domandargli: ‘qual è il tuo tormento?’. E’ sapere che lo sventurato esiste, non come elemento di un insieme, non come esemplare della categoria sociale che porta l’etichetta di sventurati, ma in quanto uomo, esattamente tale e quale a noi, che un giorno è stato colpito dalla sventura con il suo marchio inimitabile. Per questo motivo saper posare su di lui un certo sguardo è sufficiente ma indispensabile''.

Posare lo sguardo. Nessuno ha saputo dirlo meglio di Simone Weil. Posare lo sguardo, esercitare gli occhi a guardare.

Esercitare gli occhi a non distogliere lo sguardo, a dare profondità temporale a ogni incontro superando la strettoia dell’eterno presente, del qui ed ora.

''Per conoscere una persona, bisogna che quella persona ci conosca. Tra le persone non esiste niente di simile a una conoscenza unilaterale e a senso unico''.

Così John Berger, a ricordarci la necessità dell’apertura fiduciosa nei confronti dell’altro.

Ci si conosce solo aprendosi. Ci si conosce solo quando ci conosciamo. Quando non abbassiamo lo sguardo. Quando non distogliamo gli occhi dagli occhi di chi ci viene incontro.

Parlando di una serie di ritratti scattati da Moyra Peralta ai senzatetto di Londra a fine anni settanta, sempre Berger, citando se stesso, scrive: ''Ci cancellano dalla terra perché siamo il loro errore. Non si è mai visto un errore sconfitto. Gli errori esistono o non esistono, e se esistono, bisogna nasconderli, bisogna renderli invisibili. Noi (senzatetto) siamo il loro errore''.

Il reportage si intitola Nearly Invisible e ha a che fare anch’esso con la forza trasformatrice dello sguardo.

Si è nello sguardo degli altri. Si è nel proprio sguardo sugli altri.

Nello scambio infinito che attraversa i nostri occhi che guardano il mondo.

''Ricordate la parola amore? Era spesso da queste parti…Era una parola che ne precedeva altre e che portava ad altre parole, una parola di progressione, movimento…Adesso la usiamo con cautela; abbiamo capito che usarla troppo spesso vuol dire usarla con leggerezza. Per me non era mai stato così. Era una parola che aveva sostanza, solidità, certezza…Era una parola che dava sicurezza. Sì, Amore''.

Cautela contro leggerezza e alla fine a vincere è solo la paura.

''Mettersi ad amare qualcuno è un’impresa. Bisogna avere un’energia, una generosità, un accecamento. C’è perfino un momento, al principio, in cui bisogna saltare un precipizio: se si riflette non lo si fa''.

Così Sartre. E così tutti noi. Impegnati a riflettere. Sopraffatti dalle nostre paure.

E così distogliamo lo sguardo. E così abbassiamo gli occhi. E così ci neghiamo all’amore e alla sua incontenibile vitalità.

Rubo a Rilke: ''Tra di noi non c’è che una parete sottile,/ed è un puro caso; perché basterebbe/un richiamo delle tue labbra o delle mie/ per abbatterla,/ senza far rumore''.

E’ un caso. E basta una parola. Basta tendere l’orecchio e ascoltare. Basta pronunciare una parola e attendere. Anche in questo caso è un guardare. Un prendersi cura. Un aprirsi. Un mettersi a disposizione.

''Gli oggetti (così come gli uomini, aggiungo) si compenetrano. Non cessano mai di esistere. Impercettibilmente diffondono attorno a sé intimi riflessi''.

È dentro questi riflessi, nella loro intimità, che va cercato il senso del nostro essere nel mondo. Dentro questa capacità di diffondere e diffondersi. Di espandersi oltre i propri confini, ridisegnandoli incessantemente. Mutando, tramutandosi. Con la capacità di includere dello sguardo innamorato.

In ogni sguardo c’è una aspettativa di senso che si rivela quando si guarda con fiducia e leggerezza.

Andare oltre il confine perché dall’altra parte non è la stessa cosa.

Non è mai la stessa cosa.

Se avessi il drappo ricamato del cielo,/intessuto dell’oro e dell’argento e della luce,/i drappi dai colori chiari e scuri del giorno e della notte/dai mezzi colori dell’alba e del tramonto,/ stenderei quei drappi sotto i tuoi piedi:/invece, essendo povero, ho soltanto sogni;/e i miei sogni ho steso sotto i tuoi piedi;/cammina leggera, perché cammini sui miei sogni.

Buona settimana.





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